DOPO LA PRIMA/ La Tempesta di William Shakespeare

Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni…sarà per questo che le magiche creature che popolano l’isola in cui è naufragato Prospero (Renato Carpentieri) insieme alla figlia Miranda (Giulia Andò), guidate da uno straordinario Ariel (Filippo Luna) ci attirano e allo stesso tempo ci respingono in un moto sospeso tra desiderio e repulsione, paura e attrazione. Sono creature non umane, ma per certi versi molto umane, che comprendono gli umani desideri e con essi giocano e di essi si prendono gioco. C’è il matto e a volte un po’ disgustoso Calibano (Vincenzo Pirotta), a creare scompiglio, assoggettato a Prospero, desideroso di scappare. 

La Tempesta ultimo capolavoro di William Shakespeare, suo definitivo congedo dalle scene, andato in scena al Teatro Vascello di Roma per la regia di Roberto Andò, prodotto da Teatro Biondo Palermo intreccia temi universali e per questo sempre attuali, il tradimento, l’usurpazione, il riscatto, la vendetta del giusto, il rifugio nei libri, l’amore. 

Particolarmente efficaci le scenografie di Gianni Carluccio, che si muovono in una casa disastrata, l’isola dei naufraghi cacciati da Milano, in cui piove dentro e in cui i pavimenti sono sempre allagati. I personaggi si muovono infatti sempre sull’acqua, con stivali di gomma e sgocciola in continauzione a ricordarci un sempre perenne cadere, fluire, un insinuarsi del bagnato e del freddo  – del corpo e dell’anima – nelle nostre vite. 

L’atmosfera onirica, magica, sospesa è capace di rapire gli spettatori per uno spettacolo di grande intensità in cui il brillante e riflessivo testo di un uomo a fine vita si unisce alla bravura degli interpreti e alla regia che pur rispettando il testo originale riesce a distinguersi con un tratto molto preciso. L’angoscia di questo mondo così lontano infatti, non rimane del tutto lontana da noi, ma penetra nelle ossa, come il freddo o come l’acqua che è presente sulla scena e viene da chiedersi se davvero se la persona seduta accanto a noi sia parte di questo mondo o di quell’altro. Il far apparire reale il fantastico, il ieri oggi, il lontano vicino, questa è l’universale magia del teatro di Shakespeare. 

 

(Giulia Rossi - BOOP.NEWS)

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