DOPO LA PRIMA/ L’uomo seme parla di disperazione e rinascita

Un mondo senza uomini. Ve lo immaginate? Certe volte, da donna, viene quasi da desiderarlo, ma in effetti a pensarci bene, sarebbe una vera tragedia. Come quella che vivono le donne di un piccolo villaggio dell’Alta Provenza, raccontato nel testo di Violette Ailhaud, autrice dello stupefacente manoscritto “L’uomo seme”, scritto per il teatro e interpretato da Sonia Bergamasco, in scena dal 5 al 10 marzo al Teatro Vascello di Roma. Sul palco, accanto a Sonia Bergamasco, le Faraualla – splendido quartetto di cantanti attrici – e il musicista performer Rodolfo Rossi. Al centro della scena un albero-casa – realizzato da Barbara Petrecca – si anima delle luci di Cesare Accetta e dei movimenti scenici curati da Elisa Barucchieri. 

All’indomani della Grande Guerra, nel paese di Violette, stretto tra le montagne, tutti gli uomini sono morti, sopravvivono solo donne e bambini costretti a prendersi carico di tutto, di ogni aspetto della vita quotidiana. Manca la prospettiva di vita, di un futuro che morirà con loro. In capaci di andarsene e di abbandonare la terra natia, aspettano il domani con rassegnazione, ma anche una lontana speranza. Le donne stringono un patto: il primo uomo che arriverà in paese, verrà diviso tra loro per garantire la sopravvivenza del villaggio. Ad averlo per prima sarà la prima donna che lui toccherà. E così accade. Violette affiderà questo suo memoriale a un notaio con l’incarico di consegnarlo alla più giovane delle sue discendenti. Una lingua forte, scabra e ventosa ci conduce in cima alle montagne dove è ambientata la vicenda e dove vive questa comunità di sole donne che stringerà uno straordinario patto per la vita. 

Intensa e drammatica l’interpretazione della protagonista, in cui è evidente tutta la ricerca e immersione fatta nel testo fortemente voluto e portato in scena. La danza, il canto, il gruppo di donne che si muovono con lei contribuiscono a un’atmosfera corale antica e fortemente ancorata alla terra, alla prospettiva chiusa e fredda di quelle montagne, scudo e progione al tempo stesso per questo gruppo di donne. L’irreale diventa reale, ed ecco che ci lascia graffiati, turbati, sferzati dal vento, a chiederci, come a volta davanti a fatti di cronaca terribili, ma davvero è potuto accadere?

(Giulia Rossi - BOOP.NEWS)

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