Elisabetta II, amata icona gay (dalla nostra corrispondente a Londra Antonella Zangaro)

Elisabetta II, a 96 anni, è ancora una delle figure più riconoscibili e riconosciute al mondo. Durante il suo lungo regno ha interpretato ed affrontato sfide personali e rivoluzioni epocali che l’hanno resa un’icona senza mai chiederle di tradire se stessa ed il suo ruolo. Nel libro ‘Duty. A love letter to Queen Elisabeth II’, l’artista Owen Grant Innes, in occasione del Giubileo di Platino, ha raccolto una selezione  di 27 opere dedicate alla “sua” Regina accompagnate da citazioni che senza dubbio contribuiscono a rendere questa immagine eterna e, superando ogni pregiudizio, consacrano Elisabetta II tra le icone gay più amate.

Il libro è una visual biography che su carta opaca e di grana spessa, colleziona una selezione di dipinti e di ritratti digitali (creati con l’iPad) dai colori ed i tratti definiti con uno stile che ricorda un pò Andy Warhol. “If I wore beige nobody would know who I am” (“Se vestissi in beige nessuno saprebbe chi sono”).  Un’immagine iconica si crea con studio e sapienza, ma è il tocco personale che la rende credibile.

La regina, spiegano gli esperti di Buckingham Palace, veste sempre in bianco nelle cerimonie ufficiali e sempre con colori molto vivaci ed accesi nelle altre occasioni pubbliche perché quando entra in una sala deve sempre essere riconosciuta ed immediatamente individuata. Questo già sarebbe sufficiente a giustificare la passione gay per lei; ma c’è dell’altro. Grant Innes, ci aiuta a comprenderlo accompagnandoci tra i ricordi che condivide nella sua prefazione.

 

L’artista nasce nella Nova Scotia, colonia britannica canadese e presto si rende consapevole di “preferire il rosa all’azzurro”. Una partenza in salita per un’infanzia scandita dalle note di God save the Queen, cantata a scuola tutte le mattine, con la mano sul petto. Già a sei anni.

Un campanello che ha acceso l’amore per la Regina trasformandola nel modello  che ha ispirato il percorso per ricucire il filo della sua vita e affermare la sua identità.  La personalità ed il carisma di Elisabetta II, col tempo, sono riusciti a costruire nell’autore di questa “Lettera d’Amore” quel senso di appartenenza necessario a consolidare la sua auto consapevolezza sulle tracce delle sue radici. “La Regina ha rappresentato per me una figura unificante” ha spiegato commosso in una sala barocca della Royal Overseas League nel cuore di Londra. Ed è alla Regina che si giura e promette fedeltà nella cerimonia per il conferimento della cittadinanza inglese.

“La storia, la tradizione e la vastità del Commonwealth – ha aggiunto Grant Innes – hanno creato in me, canadese di nascita, un senso di appartenenza come parte di una dimensione vasta e senza dubbio eterogenea”. Proprio quel Commonwealth che oggi ci si domanda se dopo Elisabetta II avrà ancora la forza di sopravvivere quando tutti i segnali dalle “colonie”, che chiedono indipendenza, dicono il contrario. Se la Regina era la figura unificante, i suoi successori lo saranno altrettanto?
Così unificante, Elisabetta II, che nel 1967 prende una posizione ferma a sostegno della comunità gay, firmando e, nel modo a lei concesso, appoggiando, la conversione in legge dell’abolizione del reato di omosessualità. Ancora, nel 2017, nel discorso tradizionalmente reso all’apertura del Parlamento, Sua Maestà interviene a difesa dei diritti, tutti. “Il mio governo farà di tutto per contrastare ogni differenza di genere ed ogni discriminazione contro le persone sulla base della loro razza, fede, genere, disabilità o orientamento sessuale” (21 Giugno 2017). Sempre coerente e devota all’incarico ricevuto, Elisabetta II ha consolidato la sua immagine iconica restando al di sopra delle mode, senza farsi lusingare dalla tentazione di scivolare nel banale, pur restando comunque contemporanea e ‘pop’.

“La storia, la tradizione e la vastità del Commonwealth – ha aggiunto Grant Innes – hanno creato in me, canadese di nascita, un senso di appartenenza come parte di una dimensione vasta e senza dubbio eterogenea”. Proprio quel Commonwealth che, oggi ci si domanda se dopo Elisabetta II avrà ancora la forza di sopravvivere quando tutti i segnali dalle “colonie”, che chiedono indipendenza, dicono il contrario. Se la Regina era la figura unificante, i suoi successori lo saranno altrettanto?

Così unificante, Elisabetta II, che nel 1967 prende una posizione ferma a sostegno della comunità gay, firmando e, nel modo a lei concesso, appoggiando, la conversione in legge dell’abolizione del reato di omosessualità. Ancora, nel 2017, nel discorso tradizionalmente reso all’apertura del Parlamento, Sua Maestà interviene a difesa dei diritti, tutti. “Il mio governo farà di tutto per contrastare ogni differenza di genere ed  ogni discriminazione contro le persone sulla base della loro razza, fede, genere, disabilità o orientamento sessuale” (21 Giugno 2017).

Sempre coerente e devota all’incarico ricevuto, Elisabetta II ha consolidato la sua  immagine iconica restando al di sopra delle mode, senza farsi lusingare dalla tentazione di scivolare nel banale, pur restando comunque contemporanea e “pop”. “Tutti abbiamo bisogno di un equilibrio tra l’azione e la riflessione – si legge in una citazione delle parole della Regina raffigurata accanto ai suoi amati corgis. “Ci sono tante distrazioni che rendono facile dimenticare di prendere una pausa fare il punto”; Elisabetta II sa quando è il momento giusto per farlo.

Ha centellinato le sue apparizioni pubbliche, ha scelto uno scatto in piedi, vestita di verde, accanto a due cavalli bianchi per il suo ultimo compleanno; cani e cavalli sono la compagnia preferita nelle pause di riflessione. Il saluto classico, iconico, a dita serrate; un abito abbinato al cappello “giallo spaghetti” indossati in occasione della visita di Stato in Germania nel 1965. Era il 20esimo anniversario dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, quella che Elisabetta II, ancora oggi, può testimoniare di avere vissuta in prima persona; unica monarca ancora in vita che abbia reso servizio alla sua nazione durante il conflitto.

Questa l’immagine che con i colori giallo e blu Ucraina (una causalità non voluta, spiega l’autore) si staglia in copertina per fermare il tempo dell’icona più rassicurante in un mondo pieno di paure. Sorriso solo accennato, braccio piegato e dita serrate. Il saluto della Regina Elisabetta II è iconico così come l’immagine della regnante più longeva della storia inglese che, quest’anno, celebra il Giubileo di Platino. Ma c’è di più: a 96 anni appena compiuti, la Regina sale di diritto sul podio delle icone gay più amate. Ne è convinto l’artista Owen Grant Innes, che nel libro ‘Duty. A love letter to Queen Elisabeth II‘, raccoglie 27 delle opere che negli anni ha dedicato alla Regina. Dipinti e ritratti digitali (realizzati con l’IPad) accompagnati dalle frasi più significative che hanno contribuito a rendere la sua immagine eterna e profondamente amata. Nella visual biography creata ad hoc per il Giubileo, Grant Innes ferma su carta opaca e di grana spessa immagini dai colori ed i tratti definiti con uno stile che ricorda un pò Andy Warhol.

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