Mostra/ Chardin, il pittore del silenzio

When: 13 Dicembre 2010 - 30 Gennaio 2011

Ferrara – Scrivendo al fratello Theo nel 1885, Vincent Van Gogh esprimeva la sua ammirazione per Jean Siméon Chardin (1699-1779), un artista che egli riteneva «grande come Rembrandt». Protagonista dell’arte francese del XVIII secolo, Chardin è stato uno dei più importanti pittori di tutti i tempi ed ha esercitato un’influenza profonda e duratura su alcuni dei principali maestri della modernità, da Cézanne a Matisse, da Braque a Morandi. Palazzo dei Diamanti presenta la prima mostra italiana dedicata a questo eccelso poeta del quotidiano e cantore sensibile dei gesti delle persone comuni. La rassegna, curata da Pierre Rosenberg, massimo esperto dell’artista, è organizzata in collaborazione con il Museo del Prado che la ospiterà dopo il debutto ferrarese.

Figlio di un artigiano, Chardin si avvicina alla pittura seguendo solo in parte i percorsi tradizionali. Entrato presto come apprendista nello studio di un pittore di storia, al contrario dei suoi colleghi non farà mai il viaggio d’istruzione in Italia, preferendo l’osservazione diretta del vero allo studio dei grandi maestri del passato: «Bisogna che dimentichi tutto quello che ho visto, e persino la maniera con cui questi oggetti sono stati trattati da altri», affermava l’artista, cercando un modo nuovo di guardare la realtà e di dipingerla.

 

La scelta del genere della natura morta, all’epoca considerato minore, non ne vincola il successo e Chardin si impone presto sulla competitiva scena parigina. Nel 1728 viene infatti ammesso alla Accademia Reale di pittura e scultura a cui aveva sottoposto la propria candidatura presentando alcuni dipinti che, per i loro superbi colori e per la straordinaria resa della luce che crea degli effetti magici, parte della commissione scambia per dipinti fiamminghi del secolo precedente: ulteriore testimonianza di quanto la pittura di Chardin rappresentasse un caso nella Francia della prima metà del Settecento.

 

Gli anni successivi vedono Chardin impegnato nella realizzazione di nature morte con oggetti di uso domestico o legati ad attività dei ceti sociali più elevati, come la musica o la caccia. La resa del vero e gli effetti della luce divengono la preoccupazione principale dell’artista. Esemplari, in questo senso, sono opere realizzate intorno alla fine del secondo decennio del secolo, come il Cesto di prugne, bottiglia e bicchiere d’acqua mezzi pieni, e due cetrioli , in cui si può ammirare la trasparenza del bicchiere, o la Lepre morta con carniere e sacca per polvere da sparo, in cui il corpo esanime dell’animale si concede allo sguardo dello spettatore in tutta la sua commovente verità. Attorno al 1734 si colloca un altro capolavoro dell’artista: Mortaio con pestello, una ciotola, due cipolle, paiolo di rame e coltello, un’opera semplice e al tempo stesso monumentale, che testimonia della capacità del pittore di far scaturire una misteriosa bellezza anche dalle composizioni più essenziali.

 

A partire dal 1733, Chardin estende la propria ricerca alla figura umana. Nascono così raffinati capolavori che trasmettono la tenerezza e la delicatezza con cui l’artista ritrasse i propri soggetti. Chardin dipinge quadri di genere rifuggendo dal particolare pittoresco e componendo scene in cui i domestici e i rampolli della borghesia francese sono perlopiù raffigurati nello svolgimento di semplici attività quotidiane. Uno dei temi prediletti dall’artista è la rappresentazione delle occupazioni ludiche dei giovani, come in Bolle di sapone e in Bambina che gioca col volano.

 

Alla fine degli anni Quaranta Chardin torna a dipingere esclusivamente nature morte. Questa nuova fase vede intensificarsi l’indagine sul rapporto tra tono e colore e sulla variazione degli effetti di luce sugli oggetti. Il tocco si fa ora ancor più minuzioso, le forme sono animate da pennellate vibranti che quasi scompongono la materia. Chardin aveva anticipato questo nuovo spirito in un capolavoro del 1737, Necessaire per fumatore, intensificando questa ricerca nel più tardo e straordinario Mazzo di fiori (c. 1755), tra gli esiti più alti della sua arte.

 

Il notevole successo della rivoluzionaria pittura di Chardin tra il 1730 ed il 1760 è registrato dalle reazioni del pubblico alle tele che l’artista espone al Salon a partire dal 1737 e, con grande regolarità, negli anni successivi. I pareri entusiasti di alcuni intellettuali, primo fra tutti Denis Diderot, e le incisioni che Cochin e Lépicié trassero dalle sue opere, creano nella Francia del tempo un vero e proprio “caso Chardin”, esaltato per il realismo della sua arte che sovverte la gerarchia dei generi pittorici allora in voga. Tra gli estimatori troviamo anche il re di Francia Luigi XV, al quale il pittore donerà capolavori di intensa e commovente intimità come la Madre laboriosa e il Benedicite, ricevendo in cambio la stima del sovrano e, nel 1757, il grande privilegio di dimorare e lavorare al Louvre.

 

Verso il 1770 i problemi di salute lo inducono a rallentare l’attività e ad abbandonare progressivamente la tecnica ad olio, ma la strada verso il grande naturalismo ottocentesco era ormai aperta. Si conclude così la lunga carriera di un artista che per tutta la vita aveva concepito la pittura come un mezzo di conoscenza della realtà, evitando con cura i contenuti aneddotici, e mirando a raggiungere un’arte senza tempo che riflettesse un’armoniosa perfezione tra forma ed emozione.

 

Palazzo dei Diamanti

corso Ercole I d’Este 21, Ferrara

www.palazzodiamanti.it

 

Orari di apertura

Aperto tutti i giorni, feriali e festivi, lunedì incluso:

9.00-19.00 orario continuato

Aperto anche: 1 novembre, 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio

(la biglietteria chiude 30 minuti prima)

 

nella foto: Chardin, La bambina col volano

Questo sito utilizza i cookie per assicurarti una migliore navigabilità. Leggi le condizioni sul trattamento dei dati personali.

Accetto