I predatori tra noi. Intervista a Gianluigi Nuzzi

(di Maria Elena Molteni)

I predatori sono tra noi. A ripeterli, alcuni concetti, sembra quasi che ci affranchino, ci mettano al riparo dalla portata di verità che li accompagna. Eppure succede. Succede tutti i giorni. Non foss’altro che viviamo immersi nelle notizie di cronaca. Ma questo non dovrebbe rappresentare un rapido anestetico. Piuttosto lo strumento attraverso il quale informarsi per renderci coscienti di un tema molto semplice: che quel che accade agli altri può accadere anche a noi. Spingendo oltre il concetto, verrebbe da dire che non solo i predatori sono tra noi, ma che, ontologicamente, i predatori potremmo essere noi. Perché sono uguali a noi. Per status sociale, stile di vita, lavoro, apparente normalità. Gianluigi Nuzzi questo ci racconta nel suo ultimo libro (‘I predatori (tra noi). Soldi, droga, stupri: la deriva barbarica degli italiani‘, edito da Rizzoli) Ricco di documenti e testimonianze, il libro entra in verticale nei fatti della cronaca recente, e ha il pregio di interrogare, anzi di più, chiamare in causa tre elementi: gli uomini, le relazioni e la contemporaneità.

Droghe, stupri, bella vita, apparente normalità. Come ce lo spieghiamo?

Credo che sempre più la violenza sia una declinazione delle relazioni nel contemporaneo. Il fatto che viviamo una guerra in presa diretta a 400 km da noi, con una somministrazione quotidiana di una violenza devastante su civili innocenti, inevitabilmente ci anestetizza. Per difesa. Quindi, il primo processo è che siamo bombardati di messaggi violenti e dobbiamo difenderci: oggi immagini cruente non ci sconvolgono più, ma questo non per indifferenza, ma per tutela di noi stessi. Noi tuteliamo la nostra emotività per non soccombere. A cosa ci porta però? A sfuocare la nostra visione delle cose. Perché si è anestetizzati e si dà un peso diverso alla realtà dei fatti. Quando c’è stato l’arresto di Alberto Genovese, è passata una narrazione che fondamentalmente portava a dire che quelle ragazze ‘se lo erano andato a cercare’. C’è di più. La pancia del Paese ha reagito così per non accettare che ci siano predatori sessuali tra di noi, imprenditori, notai, professionisti, Ceo di banche…. Che sia sempre qualcosa che riguarda casi isolati: la parcellizzazione. ‘Se la sono andata a cercare, a mia figlia non potrebbe mai capitare, mio figlio non farebbe mai una cosa del genere’… E’ sempre un problema degli altri. Affermazioni in parte dettate da invidia sociale nei confronti dei super ricchi e dall’altra, secondo me, ed è più importante, finalizzate a tenere lontano questo vulnus dal nostro piccolo equilibrio ed ecosistema. 

Non solo cronaca, un libro che parla di un fenomeno sociale

Antonio Di Fazio è un imprenditore farmaceutico la cui ultima vittima è una giovane della Bocconi che, fortunatamente, è strutturata, o almeno lo è in parte, e sta reagendo bene. Era andata da lui per un colloquio di lavoro, da un imprenditore amico dei genitori. Insomma, un ambiente ultra protetto. Lei bocconiana, lui imprenditore. Si è svegliata sul letto di casa con in mano le chiavi e non si ricordava perché. Questo è l’effetto delle benzodiazepine, un fenomeno micidiale. Di Fazio, una delle vittime di Ciro Grillo,  Alberto Genovese abitano tutti nel centro della Milano prosperosa. Questo libro è un sistema. Ho deciso di rompere un tabù, non sui diritti delle donne, battaglia che c’è da sempre e viene portata avanti purtroppo più dalle donne che dagli uomini, ma su come i predatori siano tra noi. Non alla periferia. 

Perché ci manca questa percezione?

I predatori hanno una capacità mimetica subdola. Il predatore, quando caccia, è la persona più simpatica, generosa, divertente, affascinante che ci sia. E’ un narciso. Inoltre, perché accettare la presenza di questi predatori impone di farsi delle domande sull’evoluzione sociale. 

Ad esempio?

Milano è una città che ha vissuto la crescita industriale, poi quella dei servizi e ora quella digitale con tutto il suo portato di casi come quello di Genovese, di grandi guadagni, senza però investimenti concreti. Non c’è il concetto di fabbrica, di una realtà industriale sottostante. E’ tutto estremamente volatile.

Vedi una correlazione?

Si tratta di una persona che è passata ‘da zero a cento’ in un attimo e, soprattutto, aveva piedi d’argilla. In questo senso, si aggiunge un ulteriore tema di relazioni, di rapporti in famiglia, genitori. Oggi è tutto veloce, immediato, non c’è tempo di godersi un’emozione. E’ tutto complesso. “Mi chiedevo come mai mia figlia frequentasse ambienti così diversi dai nostro”, si legge nelle carte. E’ un papà delle vittime di Genovese che se lo domanda. C’è una dottoressa del Pronto Soccorso Antiviolenza della Mangiagalli che racconta: “è arrivata una di queste ragazze e per la prima volta non ho visto i genitori nelle prime 48 ore dal ricovero”.

 Genitori distratti?

Genitori un po’ distratti, ma i temi sono anche tanti altri. Tanti campanelli d’allarme. Oltre ai genitori, anche il denaro, la violenza, le benzodiazepine. Stiamo cronicizzando una malattia e non lo possiamo dire. L’uso delle benzodiazepine, degli ansiolitici è in crescita, ma dobbiamo raccontare all’esterno una vita perfetta. Chi non ce la fa, chi soccombe, chi non regge, si butta dalla finestra, come è accaduto in Piazza della Repubblica. L’accesso a questi farmaci di fatto è libero, perché devi avere la prescrizione medica, le statistiche indicano che lo Xanax, per esempio, viene consumato da un ultrasessantenne su quattro in Italia.Significa che è presente in un quarto delle case in cui vive un ultrasessantenne. Che può essere un nonno, uno zio, un papà.

Libero accesso….

Libero accesso da parte di figli e nipoti. Tant’è che ci sono storie che racconto nel libro in cui queste benzodiazepine vengono usate insieme all’alcol. Sono inodore e incolore e vengono somministrate nel momento di maggiore abbassamento di difese di una ragazza, come quando beve un aperitivo, si diverte con gli amici, vive la sua vita. E poi finisce come la ragazza di Genova che si sveglia e non capisce cosa le sia successo, perché queste sostanze insistono sulla memoria, la ketamina è un anestetizzante usato per gli animali. Si rende conto di essere stata violata quando si spoglia per farsi una doccia e si vede piena di lividi. E non riesce a risalire all’origine dei suoi lividi. Come descrivi la violazione del corpo?  Lei ha denunciato, ma molte amiche che hanno vissuto la sua stessa esperienza no. Qui si innesta un altro passaggio, il fatto di non ricordare quello che hai vissuto relativizza la gravità dello stesso. Si innesca questo pensiero: ‘non ricordo nulla, devo confessare ai miei genitori che ero magari altrove rispetto a quel che avevo raccontato loro. E magari ero soltanto in discoteca a ballare con gli amici. Devo ammettere la verità davanti ai miei genitori, ai miei amici che chissà quale reazione avranno. Ma chi me lo fa fare?’.

Portiamo i fenomeni alla conoscenza di tutti, eppure…

Manca la percezione. Quando vivi una certa situazione, non hai sempre la netta percezione di quello che succede, non sei sempre guardingo, abbassi le difese. Una mamma che porta il figlio all’inserimento all’asilo, conosce altri genitori, mamme e papà, in una situazione protetta dove si parla, ci si scambia i numeri di telefono, si condivide l’esperienza genitoriale agli inizi nella propria insicurezza di voler fare tutto giusto dell’emozione di avere un figlio.. puoi pensare di finire vittima di un predatore?

E invece succede

Sono stati narcotizzati, sia lei sia il marito. Un film dell’orrore che però va visto altrimenti se non raccontiamo è più difficile conoscerlo. 

Ma è anche vero che più raccontiamo il diavolo e più sembra che il diavolo prolifichi..

Non aumentano i casi, si vedono e identificano meglio. 

Ma non aumenta l’assuefazione?

Se subisci le cose, hai una percezione passiva delle stesse, se invece le interpreti e lo fai con una coscienza critica, hai la capacità di conoscere e prevenire.

Dove porterà questo libro?

Ci sono degli aspetti della normativa che vanno corretti: abbiamo norme, un impianto sano che è sempre stato oggetto di miglioramenti, ma ci sono ancora aspetti sui quali intervenire. Sulle benzodiazepine, sia rispetto all’accesso, sia all’utilizzo. Un tema sul quale è bene coinvolgere l’Ordine dei Farmacisti. C’è un tema di denaro: ci sono ragazze che denunciano ma poi non vengono dati loro strumenti per vivere. Come lo psicologo: solo alcune sedute gratuite, ma poi te lo devi pagare. C’è un problema reale di fondi. Una donna deve essere messa in sicurezza se denuncia, ma i fondi non sono di immediato accesso per sostenere i conti dell’avvocato, dello psicologo. C’è poi un altro tema che ho raccolto scrivendo il libro. A Milano esiste un’eccellenza che è quella del Pronto Soccorso della Mangiagalli per le violenze sessuali, ma l’Italia non è la Mangiagalli. Molte ragazze si sono sentite cavie, prive di un supporto psicologico, hanno subito una umiliazione. Questo non può e non deve esistere. Una ragazza va protetta e tutelata. Esistono casi di violenze che vengono denunciate da donne per favorire un quadro di separazione e attribuiscono ai mariti responsabilità che i mariti non hanno, anche nei confronti dei figli. Ma non stiamo parlando di questi casi. Stiamo parlando di ragazze, donne che hanno diritto a non essere umiliate e vessate. Temi sui quali intervenire.

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