Maria Grazia Chiuri in cattedra alla Sapienza su arte, moda e femminismo

La stilista a capo della maison Dior ha aperto l’anno accademico per i corsi di Fashion Studies sottolineando l’importanza di un approccio culturale alla moda per orientarsi nel mondo del lavoro di oggi

(di Giulia Rossi)

Fa effetto, a volte, incontrare persone fuori contesto. E fa capire l’importanza del ‘saper leggere i testi’ intorno a noi. Questo ho pensato vedendo entrare il direttore creativo di Dior, Maria Grazia Chiuri, all’interno dell’aula A della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma, gremita di studenti provenienti da ogni parte del mondo, venuti ad ascoltare la sua lecture di inaugurazione dell’anno accademico dei corsi dedicati alla moda. Un incontro durato più di un’ora e dedicato a un tema caldo per Chiuri, ma in generale per la moda e il dibattito culturale contemporaneo: la relazione tra arte, moda e femminismo, tema di cui la stilista, a dir suo, è “veramente ossessionata”.

ISCRITTI IN PROGRESSIVA CRECITA ALLA MAGISTRALE DI FASHION STUDIES DELLA SAPIENZA

A introdurre Chiuri il prorettore Antonello Biagini e i coordinatori dei corsi di moda: il professor Alessandro Saggioro, tra i primi a crederci, e la professoressa Romana Andò, attualmente alla guida della magistrale Fashion Studies che ogni anno rileva un numero di iscritti in progressiva crescita e da paesi sempre diversi. Insieme a loro, a intervistare la designer di Dior e prima di Valentino insieme a Pierpaolo Piccioli e Fendi, Raffaella Perna, docente di storia dell’arte del XX e XXI secolo. “Lavorare con i fondatori (nel suo caso Valentino e Giammetti, ndr) era molto diverso. C’era la possibilità -ha spiegato Chiuri- di avere una visione globale, di conoscere tutte le fasi nel processo. In una realtà come Dior è più difficile, perché i ruoli sono più separati. Per prima cosa ho dovuto capire cosa davvero volesse dire la moda in Francia, dove è un’istituzione. In Francia la moda è cultura, in Italia è industria. Questo dipende dalla storia diversa dei due paesi, che influenza poi molto i processi produttivi e creativi, per me lavorare a Parigi è stato come uscire dalla mia comfort zone romana, ho dovuto imparare un mondo nuovo, per questo passo tutto il mio tempo studiando”.

“NECESSARIO COLTIVALE UN CULTURAL BACKGROUND”

Questo diverso approccio ha un riflesso anche sui corsi universitari. In Italia, ad esempio, l’introduzione dei corsi di moda all’interno delle università è relativamente recente, negli ultimi trent’anni, e sussitono ancora molti pregiudizi sul fatto che non sia una materia abbastanza seria. Ma i dati dimostrano il contrario e anche le parole della stilista vanno in questa direzione: “è importante avere un cultural background, coltivarlo sempre, investire in questo nelle diverse fasi della carriera. In Dior ad esempio ho un cultural office che mi supporta in questo senso per fare ricerche ed è un ottimo strumento di confronto, verifica e messa in discussione costante”.

Chiuri ha citato il testo Are clothes modern? di Rudowsky, nel quale si riporta la discussione avvenuta nel 1947 se includere o meno la moda all’interno del Museo di ARte Moderna Moma di New York, un libro che definisce centrale nella sua formazione. Il fronte del no all’introduzione della moda all’interno di un design museum sosteneva infatti che mentre il resto delle arti è senza tempo e cerca la costruzione di  oggetti belli ed eterni, la moda è sempre e inevitabilmente legata al cambiamento.

La moda è davvero una materia interdisciplinare, il rischio della mia generazione è stato quello di imparare molto da un punto di vista tecnico, concentrare tutto sul fatto di produrre bellissimi disegni, ma senza riferimenti culturali. Oggi non sarebbe possibile, questo aspetto è diventato fondamentale, al pari di quello creativo” ha proseguito la stilista. “Quando sono arrivata in Dior ad esempio tutti sottolineavano il fatto che fossi la prima donna e non tanto di come fossi o cosa facessi. Dior passava per essere un brand molto femminile, ma cosa vuol dire questo oggi? Dobbiamo interrogarci su come il nostro passato e la nostra formazione ci condizionano e per le donne l’approccio è limitato pensiamo nell’arte, ci sono interi manuali senza una donna citata all’interno, per questo supporto molto le donne artiste, per permettere loro di avere un background, per farle conoscere e per diffondere un diverso approccio. Forse è un sogno, ma io ci credo e sto lavorando per questo”.

MODA ECOLOGICA, UN EQUILIBRIO CHE VA TROVATO

E poi, un altro appello: “dobbiamo prenderci cura del pianeta, considerarlo un giardino da curare, il nostro giardino, insieme la nostra eredità più preziosa e il nostro futuro. Io sono sempre stata fortunata a lavorare per case di moda luxury che producono in Italia e Francia, ma il discorso va allargato, non può limitarsi a questo o a sporadiche operazioni di marketing”. L’industria della moda è infatti tra le più inquinanti in assoluto e il tema è da molto tempo in discussione. “Come si fa ad avere al contempo – ha aggiunto Chiuri – una moda democratica ed ecologica?  E’ difficile trovare un equilibrio, dare una risposta a questa domanda. In Dior sto provando a rifletterci a livello di sistema, considerando tutte le fasi del processo”. La stilista è stata incalzata dalle domande degli studenti che le hanno chiesto dei suoi modelli nell’arte, nella fotografia, ma soprattutto consigli per il futuro incerto che li attende. Così la designer è tornata sui concetti chiave della lezione, sottolineando l’importanza dell’acquisire una sapienza che vada al di là della tecnica, una sapienza che i giovani possono insegnare ai meno giovani, “questa grande occasione e privilegio di studiare si trasformerà in una grande opportunità di trasmissione della conoscenza nel lavoro”.  Alla fine, è uno il suggerimento che Chiuri ha regalato all’aula: “iniziate in un’azienda piccola a fare le prime esperienze se potete, cercate di capirne il dna, studiate sempre e non date nulla per scontato, seguite tutte le fasi del processo”.

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